Seggiolone? No, grazie.

...mi piace mangiare a tavola con mamma e papà.

L'ho comprato.
Allora (11 anni or sono) m'ero lanciata in una lista bebé in cui si trovava di tutto.
Ho voluto quello di ultima generazione, costato un occhio della testa!
Di legno, reclinabile (secondo i produttori, in realtà si reclina di un'inezia, quindi è inutile), sdoppiabile (diventa una seggiolina all'occorrenza), con imbottitura e riduttore. Di minime dimensioni, anche se per quanto piccolo, un seggiolone è sempre ingombrante.
Quando è giunto il momento dello svezzamento, la primogenita era troppo piccola per sedere comoda in quell'attrezzo: ciondolava di qua e di là, accasciata e scomoda. 
Nel frattempo l'attrezzo stava a prender polvere e ad occupare il posto di una sedia e qualcosa in più.
Osservandolo mi sono posta delle domande: perché un seggiolone non ha l'altezza giusta per un tavolo e costringe il bambino a mangiare a parte? Perché un seggiolone non ha l'altezza giusta nemmeno per una sedia e costringe la mamma ad imboccare il figlio a parte, stando in piedi o allungando le spalle? Perché il seggiolone ha dimensioni doppie di una sedia dovendo contenere un essere umano di due terzi più piccolo di un adulto medio?
L'ho ripiegato e inserito nella sua comoda sporta da viaggio.
La primogenita ha imparato a mangiare seduta nel seggiolino da tavolo, uno di quelli che si appendono al piano.
Una sedia sotto per avere un poggiapiedi e lei con noi, fra noi, ad osservare noi, ad imparare da noi.
Con Rebecca ho scoperto l'Ikea e le sue idee intelligenti.
Ad un decimo del prezzo vendono un seggiolino minimale, alto quanto basta per un tavolo, con imbottiture e piatti metti e leva, secondo l'occorrenza.
Rebecca ha mangiato a tavola con noi fin da subito. Ha imparato ad usare gli attrezzi della tavola imitando noi.
Il momento del pasto è uno dei pochi momenti della giornata in cui ci si trova tutti insieme. Senza televisione (che se c'è si spegne per regola) si chiacchiera, ci si racconta la giornata, si interagisce, si impara, ci si diverte: si sta insieme!
Tristano sta a capotavola, tiene il cucchiaio con la destra e la forchetta con la sinistra. 
Ha 19 mesi e la maggior parte delle parole che dice (a modo suo), riguardano il cibo: melmel (melone), pom (pomodoro), chichi (stracchino), ciaccia (focaccia), pam (pane), nana (banana), coco (acqua)... 
Arrotola l'indice sulla guancia ad ogni boccone infilato in bocca, di qualunque specie sia, perché ama mangiare. Gli piace sedere lì con noi e assaggiare tutto: è colui che mi da le più grandi soddisfazioni!
Certo, c'è un prezzo da pagare... e in genere spetta a me: non mangio da moltissimo tempo!
Così impegnata a raccogliere i bocconi caduti, rifocillare i piatti vuoti, orientare l'andamento delle posate e del bicchiere.
Mezzora, di solito dura circa mezzora, la nostra cena: un momento meraviglioso di chiacchiericcio, risate, confusione e richieste. Lì si concentra un'intera giornata.
E mi domando: quale senso ha privare i bambini piccoli di questi momenti memorabili?
Boh!


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