lascialo libero di essere chi è!
Mio
papà in veste di nonno si è infilato, raggomitolato, dentro una casetta
di plastica da giardino, per giocare con mia figlia (sua nipote) di un
anno appena.
Mio papà con
me non ha mai giocato nemmeno una partita a briscola... si spazientiva
tanto che è stato lo zio Antonio ad insegnarmi ad andare in bicicletta!
Poi è diventato nonno e si è trasformato.
Mi dicono che cambi tutto, che annullato il dovere di essere educatori, i nonni si sciolgano in espressioni emotive e comportamenti inimmaginabili.
A
noi sono rimasti solo due nonni "naturali", entrambi assenti. Uno per
età: è troppo giovane per essere nonno, a lui tocca lavorare. L'altra
per distanza: nonostante il pensionamento vive lontano da noi.
Eppure contiamo due nonni putativi, più vicini e liberi da impegni di lavoro, di cui godiamo appena e più che possiamo!
Mi
capita spesso di osservare le dinamiche che coinvolgono i nonni e mi
sono fatta l'idea che, nella maggior parte dei casi, il vero dramma del
nonno sia proprio suo figlio!
Diventare genitori non significa affatto smettere di essere figli... e questo complica le cose.
La parte più preziosa da preservare nella relazione coi nonni è il rapporto nonno-nipote, rapporto a volte inquinato dall'intromissione dei figli.
Forse
perché noi non possiamo mai contare sulla presenza scontata di
qualcuno, forse perché ci manca moltissimo godere della libertà di
alzare la cornetta e dire semplicemente: "Ho bisogno... vieni?", forse
perché chi ha pane non ha denti e l'erba del vicino è la più verde, a
volte mi inalbero, salgo in cattedra e giudico...
Però... però c'è gente che i nonni proprio non li sa valorizzare!
Troppo
spesso, anziché alzare la cornetta e dire: "Ho bisogno... vieni?",
pronunciano: "Ho bisogno... vieni!", salvo quando addirittura non hanno
la convinzione che il nonno abbia doti telepatiche, sia folgorato
dall'illuminazione che qualcuno abbia bisogno di lui e si offra
volontario per fare ciò che serve, come serve, quando serve e solo
finché serve.
Credo
che nel mezzo ci stiano le cose non dette, le dinamiche incancrenite e
faticose, i risentimenti e il bisogno di avere la prova (finalmente) che
i propri genitori siano i genitori ideali, dei quali andare fieri e
potersi magari vantare anche un po'.
Mia madre spesso chiudeva le discussioni con una frase ad effetto che mi tacciava: "Quando sarai madre mi capirai!"
Ora che sono madre, capisco?
Alcune
cose in effetti sì. Capisco l'apprensione, l'ansia, la fatica, il
nervosismo... capisco quando a volte si finisce per discutere del nulla
solo perché è una giornata in cui ci siamo alzati col piede sbagliato.
Capisco perfino quando si prendono decisioni inderogabili, contro la
volontà dei figli imploranti, senza saper spiegare esattamente il
perché.
Poi ci sono cose
che continuo a non capire... ma quelle fanno parte della personalità di
mia madre che non può che essere accettata per quello che era.
Ad
un certo punto ho maturato una considerazione impegnativa, eppure
doverosa: lei non è stata una madre perfetta... e ho raccolto una certa
(a volte grande) sofferenza, ma nemmeno io sono stata una figlia
perfetta.
Allo stesso modo non sono un genitore perfetto e causerò una certa (a volte grande) sofferenza ai miei figli.
Ho maturato una qualche forma di umiltà.
Sono una mamma affatto gelosa dei figli e avida di qualunque cosa sia buono per loro.
Sono
certa che i nonni siano un patrimonio insostituibile, io che dei nonni
ho goduto poco e quel poco anche male, rimpiango di non avere di loro
che ricordi sporadici, seppure indelebili.
I
nonni sono la nostra memoria più antica, sono certi odori, certi
rituali, certi piatti cucinati apposta per noi e una dolcezza infinita.
Sono la saggezza, la bontà, il vizio e anche la differenza più amorevole
dalle consuetudini di casa.
Il
mio piacere più grande è quello di affidare i miei figli ai nonni, che
siano naturali o putativi e vederli tornare enusiasti (accade quasi
sempre!) perché il nonno ha detto, ha fatto, ha loro insegnato, ha con
loro giocato a cose che con me non faranno mai.
Poi
arrivano i nonni... Agghindati con bracialetti e collane improbabili,
le nonne truccate, più simili a pugili che a star del cinema, trafelati,
impazienti di giustificare e trovare consenso al loro operato.
Li
ascolto perché so che hanno bisogno di raccontare e sollevarsi
dall'enorme responsabilità che hanno sostenuto: occuparsi dei miei
tesori più preziosi. Poi di solito sorrido e concludo dicendo loro
semplicemente: "Sei stato perfetto!"
E'
chiaro che ci siano cose che io non farei come loro, cose che non
appartengono alla mia modalità educativa ed è proprio questa la parte
più preziosa. Attraverso i nonni i miei figli sperimentano in totale
sicurezza e tranquillità, un altro modo di stare al mondo.
Perché metterci becco?
Anche
se qualche eccezione alla regola esiste, è difficile trovare un nonno
che non ami fare il nonno, potendo, grazie alla salute finché tiene, al
di là delle critiche dei figli, dei generi e delle nuore (quasi sempre
le peggiori!), con uno spirito di quasi totale abnegazione: per nessun
altro, nipoti esclusi, sono scesi a taluni compromessi!
Per questo lancerei una campagna di solidarietà:
Salva un nonno anche tu: lascialo libero d'essere chi è!
I
nonni dei nostri figli sono persone... come noi. Hanno le loro pecche,
le loro abitudini e i loro impegni e i loro molti lati positivi. Non ci
devono più niente: ci hanno messi al mondo e condotti (in un modo o
nell'altro) alla maturità. Ci vogliono bene, anche se non li ripaghiamo
quanto e come vorrebbero... potremmo provare a fare altrettanto.
Insegnare a voler bene ad un nonno significa amarlo e rispettarlo
soprattutto nelle differenze, senza intervenire nel suo rapporto col
nipote e godere di ciò che sa e può dare a tutta la famiglia.
Mi
rendo conto che sia difficile, anche io nel vedere mio papà pressato
nella casetta di plastica ho pensato che non fosse giusto! Per mia
figlia sì e per me no?
Ecco, in quell'istante ho realizzato che fosse di gran lunga meglio che lo godesse mia figlia: io non ne avevo più bisogno.
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