Amoredellamiavita

Ad ogni figlio pensato, sperato ed arrivato, l'obettivo è stato migliorare.
Migliorare la qualità dell'ascolto, la capacità di comprensione, le modalità di intervento, il modo di esserci.
Perché alla prima esperienza quella sensazione di Amoredellamiavita (cuore, cuore, cuore!) me la sono persa un po' dietro Oracomelaspengo?
La pressione di dovere già sapere tutto, l'aspettativa di interpretare ogni verso, gemito, pianto per il solo fatto d'averla custodita dentro di me nove mesi, poi le ore di sonno svanite, il tempo di una doccia anche, qualunque tipo di supporto esterno pure, mi hanno lasciato un grandissimo senso di inadeguatezza.
Inadeguata la madre che non partorisce naturalmente, che non allatta al seno, che non sa interpretare il pianto di suo figlio, che è stanca se non dorme, che soffre nel sentirsi esclusa dalla società di cui pensava di far parte, che talvolta sbrocca e perde la pazienza anche con quattro chili di Amoredellasuavita.
Ho imparato sulla nostra pelle (quella di mia figlia e la mia) che anche l'amore più grande della propria vita possiede un lato B e non per questo lo si ama di meno.
Resta che Amoredellamiavita (cuore, cuore, cuore!) è troppo mieloso per i miei gusti...

Con la secondogenita è andata meglio.
Più sicura di me, pronta a scrivere il suo libretto delle istruzioni, dotata di una dose superiore di pazienza, consapevole di dover contenere le aspettative e certa che la mancanza di sonno stanca, ma sarei sopravvissuta.
Poi ancora quel desiderio di maternità. Un desiderio meraviglioso, che rapisce e sa farmi concentrare le energie verso la ricerca di una nuova vita da custodire, proteggere, scoprire, conoscere e vivere.
Ho imparato che Amoredellamiavita è anche un abbraccio sfumato e un addio... è anche assenza dopo la presenza.
E non so più dire se avrei preferito farne a meno perché a quest'ora non sarei chi sono, nemmeno lontanamente.
Ogni figlio è come quel tasto del telefono che mostra le App nascoste... ognuno di loro ne svela alcune, sempre diverse.
Così è arrivato il più piccolo.
Lui altro che Amoredellamiavita!
E' stata una lotta a non cedere: allo sconforto, all'incoerenza del terrore, alla follia della paura.
Paura di perderlo, s'intende.
Da un certo punto in poi mi trattenevo dal rimanere chiusa in bagno col gel sulla pancia e la piccola sonda dell'ecodoppler fetale casalingo. Si chiama Cuore di bimbo, un apparecchio che rileva i battiti cardiaci del bambino nella pancia di mamma. Li rileva se ci sono. Altrimenti è un eco sordo. Allora Cuore di bimbo che? 
Insomma Cuore di bimbo fa il paio con Amoredellamiavita: roba troppo mielosa per i miei gusti, preferisco restare sul neutro e chiamare le cose col loro nome. Eco doppler fetale andrebbe benissimo, ma probabilmente resterebbe invenduto.
Ma torniamo a noi...
Avrei trascorso così i miei mesi da custode: appiccicata ad una sonda che secondo dopo secondo mi restituisse la certezza del suo essere in vita.
Invece ho dato tutta me stessa per cercare di condurre una vita normale.
Poi è giunto il suo momento ed è nato.
Ma non mi è arrivato fra le braccia, è stato infilato in una incubatrice e portato via.
Mi hanno mostrato i piedi, solo i piedi. 
Se non ce l'avesse fatta, io avrei conservato della sua vita solo un paio di piedi, visti da lontano e di sfuggita.
Nemmeno da dire che fossi fuori di me.
Però sono stati eccelsi del restituirmelo come un falso problema solo mio, in fin dei conti stavano cercando di stabilizzare il suo respiro, la ragione della separazione era più che comprensibile!
Allora schiacciamo il tasto Rewind e ricapitolamo: skin to skin, lotus birth, bonding... 
Tutte cose che a me hanno lasciato una certezza: la lingua italiana sta morendo.
A livello organizzativo è oggettivamente difficile che la mamma, con flebo, catetere, addormentata dalla vita in giù, possa recarsi in patologia neonatale e posare una mano sulla testolina del figlio appena nato, terrorizzato, scaraventato senza preavviso al di là della pancia e infilato in una culla di vetro. Per me sarebbe stato difficile esserci, ma il papà avrebbe potuto. Invece l'hanno mandato a casa. Finito l'orario di visita: moglie allettata, disperata, appena tagliata e figlio in distress respiratorio, "Prego, se ne vada."
Per carità, c'è di peggio nella vita, oggi stiamo tutti bene e vissero felici e contenti, tuttavia contiamo i segni.
Perché nulla mi convincerà del contrario: la mancanza di quella mano ha fatto la differenza per mio figlio e per me.
La mano che non c'è stata è quella che lui non smette mai di pretendere ed io fatico terribilmente a dosare.
Così mi fa piacere sapere che all'ospedale San Gerardo di Monza sta per essere aperto un reparto con Family room, dovrebbe diventare la norma, affinché tutti abbiano le medesime opportunità di stringere il migliore legame possibile.

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