Io sono qui, con te

E' nato e subito lo hanno portato via.
Non l'ho visto, non mi ha visto.
Separati, distanti, ammaccati e trafitti dagli aghi, entrambi.
Io ho pianto tanto da farmi gonfiare gli occhi, tanto da farmi sgridare dall'ostetrica, tanto da far giungere la neonatologa per rassicurarmi: Il respiro... va aiutato, ma stia tranquilla.
Lui ha pianto tanto, ma tanto che quel respiro affannato si è trasformato in un buco nel polmone.
Io conosco il suo strappo: è lo stesso mio.
Una carezza.
Avrei voluto fargli una carezza, annusarlo, presentarmi, guardarlo, tenerlo con me.
Speravo che il papà potesse rimediare alla mia assenza forzata, ma le procedure...
Il papà non è potuto essere di conforto a nessuno dei due: ci hanno separati e poi lasciati soli.
Privati di noi e degli affetti a noi più cari.
Questa è la violenza della medicalizzazione... 

Eppure so che ci hanno salvati, ma ci avrebbero salvati meglio se le loro procedure fossero state meno rigide. 
Mentre ci salvavano ci segnavano irrimediabilmente.
Il giorno dopo ero in piedi: Toglietemi tutti i tubi, io devo andare da mio figlio!
Una mano, sapevo che nell'incubatrice avrei potuto mettere solo la mia mano.  

Quella mano doveva toccarlo e fargli sapere che c'ero, non era stato abbandonato, poteva rilassarsi, rattoppare il buco nel suo piccolo polmone e fidarsi di me: lo avrei tenuto stretto.

Dopo la mano il petto. L'odore, la pelle morbida, il calore del suo piccolo corpicino su di me. Immaginavo il piacere del mio calore su di lui... doveva essere lo stesso mio.

Quella mano... sul suo capo da piccino era l'unica cosa che davvero lo sapeva calmare.
Poi l'ha afferrata fra le sue dita per tenerla stretta, con sé, il suo doudou, di giorno e di notte.
Oggi la afferra e precisa con la voce seria: E' mia!
La mia mano è sua... Io sono sua.

Da allora è così: lui mi cerca, mi pretende, mi richiede. Lui teme ancora che io scompaia.
Da allora glielo ripeto e ripeto moltissime volte al giorno, mentre lo stringo, lo abbraccio, glielo sussurro nell'orecchio, finché sento che si abbandona e si fida, ci crede:

Io sono qui, con te.

 

Io mi fido e ci credo esattamente come lui: lui è lì, con me.
Impareremo ad esserci anche da lontano, un passo alla volta.
Io sono pronta, ormai ne sono certa: tornerà.
Lui non ancora...
Così provvidenziale è quel tempo che passa dal nonno: il nonno vive a dieci passi da noi, praticamente dall'altra parte del mondo per lui.

Proprio oggi mi è capitata questa pagina fra le mani:
Esiste una formula magica che consente al bambino di schiudersi alla vita. Una sorta di "apriti sesamo!" che gli spalanca le porte del mondo. E' racchiusa in queste semplici parole: sono qui con te.
E' quanto di più bello e importante possiate dire al vostro bambino.
E' ciò che ogni essere umano vorrebbe sentirsi dire dal primo istante di vita, quando è ancora nella pancia della mamma, appena spalanca gli occhi sul mondo e si chiede dove mai è finito, in ogni momento in cui il dubbio o la paura lo assale.
La parola calma, tranquillizza, rassicura, dona pace e fiducia.
La parola è energia che permette la vita.
E' una parola d'amore che ha creato il mondo e il bambino vive di parole d'amore. Ma non pronunciate con la bocca, pronunciate col cuore. Il bambino sa, il bambino capisce perché ha antenne invisibili che gli permettono di comprendere il linguaggio che proviene da dentro.
Allora, chiudete gli occhi, rilassatevi, respirate con calma e, senza bisogno di parlare, dite al vostro bambino con tutto il vostro amore "Caro/a (nome del bimbo)..., sono qui con te".
Diteglielo mentre cresce nel vostro ventre, mentre sta soffrendo il travaglio del venire al mondo, mentre sedete vicino a lui la sera per accompagnarlo nel sonno. Diteglielo quando è spaventato, impaurito, ferito dalle vicissitudini della vita. Quando misura meno di un pollice o quando è più alto di voi.
E' il regalo più bello che possiate fare a vostro figlio, l'eredità più preziosa che possiate lasciargli:
Sempre e comunque ti voglio bene
Sempre e comunque sono qui con te
Elena Balsamo, "Sono qui con te, l'arte del maternage"

Ce la faremo: ne sono certa.

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